Se davvero anche i luoghi hanno un’anima, se esiste una matrix che collega il vissuto eterno, il centro del cuore di ogni entità, forma di vita, energia immateriale che permea la materia, pochi hanno saputo raccontarne bene come Richard Mc Guire, illustratore e regista di fama mondiale. Nel suo Here (“Qui” RCS Libri) infatti, la protagonista è una stanza. Se amate le graphic novel sappiate che questa è la graphic novel che, più di ogni altra io abbia mai incontrato, racchiude deliberatamente un universo mondo. Dalla formazione delle galassie, agli indiani d’America, dagli anni sessanta a un ipotetico futuro, un’immensità non quantificabile di esistenze, trame, atmosfere, legami karmici, si intrecciano dando vita a un affresco di rara potenza che fa pensare al film Cloud Atlas come alla serie Flash Forward, dove la sincronicità è la parola d’ordine.
Un tappeto, un camino, un paio di poltrone, un prato e tante persone –ma anche stelle, boschi, fiumi, dinosauri, tramonti, specchi, crinoline- ci restituiscono con successo una visione epica della vita e del tempo. Con un pennello intinto nella migliore tradizione americana -difficile non pensare ad Edward Hopper come anche a Norman Rockwell in salsa pastello- Mc Guire racconta alternando coraggiosamente ere e atmosfere psicologiche la vita immensa di un ambiente che sfida il tempo ma resta immutato nel suo spazio, stravolgendo ogni aristotelica convenzione. Amore, morte, creazione, perdono, tradimento, vendetta, innocenza, studio, feste di famiglia, giochi di bambini, s’intrecciano in una seducente fantasmagoria che sembra rendere omaggio alla moderna visione della vita che ci regalano la fisica quantistica, gli studi di Gregg Braden, l’ichinen sanzen buddista, la migliore fantascienza cinematografica di kubrickiana memoria, tra i tanti spunti possibili.
Così, sfogliando le pagine, luminose e particolarmente gradevoli anche al tatto, pastose come i colori utilizzati affondiamo in un tramonto nel 3.000.000.000 a.c., festeggiamo un compleanno nel 1969, facciamo un giro in carrozza nel 1775, ascoltiamo l’incubo di un anziano nel 1995 –“Ho un sogno ricorrente, sono in spiaggia e uno dei bambini sta affogando, appena lo salvo affoga l’altro”- osserviamo la tribù del 2213 sorridere delle nostre attuali abitudini –“Un altro oggetto comune era un rettangolo di pelle d’animale piegato e cucito. Grande in genere come il palmo di una mano. Si chiamava portafoglio. Conteneva importanti documenti d’identità e ciò che allora veniva chiamato denaro contante”- una barzelletta cinica nel 1989, ma anche una banale perdita di orecchini, chiavi, ombrello, la testa… fino a una freccia che vola nel 1402, l’arrivo dei conquistadores, un ratto sessuale, un tenero pic nic ottocentesco, un albero di Natale, un gattino che si lecca una zampa, un lupo che sbrana la preda, una folata di caprifoglio…
La Vita, insomma. Ma anche la Storia Americana e il quotidiano di tutti noi, illuminato dall’amore, ferito da possessi e perdite, e passato presente e futuro che si danno la mano in un vortice che sicuramente nasconde tanti segreti, tante citazioni personali ma che riguarda ognuno di noi. Nel 1971, durante una festa da ballo qualcuno dice che “Ad un certo momento eravamo tutti nella stessa stanza” e qualcun altro risponde: “E’ stato solo un momento. Penso che non se ne sia accorto nessuno”. Così, con un occhio a Nietzsche, uno alla new age, un altro a Vico, ma anche al tempo del sogno aborigeno, come alla cronaca dei nostri piccoli giorni solo apparentemente banali, conduciamo con puro stupore questa scorribanda nel samsara, raccogliendo l’implicito invito ad accorgercene… sì, che spesso nella stessa stanza siamo proprio tutti insieme. E questo fa la differenza.